Quante volte mi sono sentita rivolgere queste parole: "Da dove posso iniziare a praticare? Quale stile mi suggerisci?"?
E non nego che ogni volta mi trovo un po' in difficoltà.
Molto spesso chi pone questa domanda quello che intende è "vorrei praticare posture ma l'offerta di stili è talmente ampia che non so quale potrebbe essere adatto a me" o, al contrario, ha già un'idea su quale possa fare al caso proprio ma vuole semplicemente una conferma, come è accaduto qualche giorno fa con una ragazza che, dopo la sua prima lezione, mi ha chiesto se le consigliassi ashtanga. Probabilmente in cuor suo sapeva già che, se non alla sua seconda lezione, a quella successiva avrebbe praticato la prima serie riuscendo anche a staccare i piedi da terra negli equilibri sulle mani (perché c'è chi prova per anni e chi, come nel suo caso, con la leggerezza di chi sta giocando, riesce a portarsi in bakasana al quarantesimo minuto del suo battesimo sul tappetino) ma è come se sentisse il bisogno di legittimare quella scelta.
La mia riluttanza davanti al "Come inizio a praticare yogasana (la pratica delle posture)?" nasce anche dal fatto che non c'è una regola che vale per tutti ma ogni volta si aprono innumerevoli possibilità così come innumerevoli, ormai, sono gli stili di yoga.
Come accade per un consulto medico, un consiglio più accurato e puntuale richiederebbe un quadro generale più ampio e non una risposta veloce e standardizzata: "Inizia da uno stile che ti permetta di stare un po' più a lungo nelle posture proprio per prendere familiarità con le posizioni e il loro allineamento e, una volta costruite le basi, passa pure a uno stile più dinamico". Per carità, risposta legittima e di buon senso. Ma se io dessi la stessa risposta a chi vuole mantenersi in forma e a chi, invece, vuole esplorare l'aspetto più meditativo della pratica, sarebbe come dare la stessa diagnosi a chi ha un raffreddore e a chi una patologia da stress.
Forse la prima domanda che ci si dovrebbe porre, ancora prima di capire da dove possiamo iniziare, è "Perché voglio praticare yoga?".
Molto spesso la risposta è nebulosa e il motivo iniziale e apparente viene presto o tardi soppiantato da altri bisogni che emergono attraverso la pratica stessa.
Come è accaduto nel mio caso d'altronde: un incontro fortuito con una pratica che, ai tempi, associavo a santoni o hippies e che, per me, all'inizio voleva essere un surrogato della danza nonostante nei miei primi anni di pratica il maestro che ci guidava e il suo stile non avessero proprio nulla a che fare con la morbidezza, la fluidità e la leggerezza del movimento, anzi, tutt'altro. Linee quasi geometriche, istruzioni senza troppi fronzoli e stacchi netti tra una postura e l'altra.
Eppure ogni domenica mattina io ero lì, sul mio tappetino, a eseguire le asciutte indicazioni di Luigi nonostante le luci fredde della sala e la musica commerciale proveniente da quella accanto che riempiva il silenzio in cui eravamo immersi... Sì, perché tutto questo accadeva nella sede milanese di una famosa catena di palestre e non in una shala dall'aria impregnata di incenso, con la voce profonda di Krishna Das in sottofondo e sotto allo sguardo protettivo di Ganesha.
La me di allora, nel ruolo dell'allieva, voleva solo provare una disciplina di cui aveva tanto sentito parlare e che era prevista nel planning settimanale, quindi perché no?
Non mi ero neanche posta la domanda: "Come inizio a praticare yoga?", non ce ne era stato bisogno, ho solo colto un'opportunità.
Quella domanda però è venuta dopo, nel momento in cui ho capito che quella curiosità dapprima fisica, nel tempo era arrivata a smuovere qualcosa che probabilmente giaceva già lì, latente da sempre, e che aveva solo bisogno di trovare una via manifesta.
Questo preambolo per dirvi che possono sì esserci delle indicazioni guida di buon senso generale ma che saranno gli eventi e, soprattutto, il vostro intuito a portarvi verso la strada più adatta a voi in quel momento.
Come è il corpo sul tappetino a indicarci che cosa è bene e che cosa no, anche in questo caso, ogniqualvolta sorge questa domanda (che regolarmente si ripresenta, nel percorso yogico sotto forma di "Questa pratica risponde ancora alle mie esigenze?", ma anche in tutti gli altri ambiti della nostra vita) il suggerimento è di ascoltarsi e di tenere presente che un bravo maestro potrà sì mostrarci una o più vie ma che alla fine saremo noi a doverla percorrere.
<< Sono stato un ricercatore e ancora lo sono. Ma ho smesso di chiedere a libri e stelle. Ho iniziato ad ascoltare l'insegnamento della mia anima >>
RUMI
Che bello leggere questo post Annalisa! Ultimamente un pochino di amici, vedendomi così immersa nel mondo dello yoga, mi hanno chiesto qualche dritta su se e come incomincia, e ogni volta mi sono trovata spiazzata. Il mio suggerimento, come dicevi tu, sarebbe sempre di iniziare da qualcosa di morbido, di base, per capire le posizioni e la "tecnica" che ci sta dietro...ma ora mi ritrovo a sorridere, perché il mio di percorso è stato completamente diverso. Ho iniziato con un corso di Ashtanga, perché cercavo qualcosa di "forte" per allenare il corpo. Mi sono presentata al centro prescelto (perché sotto il mio ufficio, più sforzo di così non lo volevo fare!), che proponeva varie tipologie, dicendo che non volevo cose…