Nelle antiche scritture si riporta che originariamente gli asana sarebbero 8.400.000, tanti quanti sono le forme dell'esistenza e le incarnazioni che, attraverso un passaggio dalle più semplici alle più evolute, l'uomo dovrebbe assumere prima di ottenere la liberazione dal ciclo di rinascite.
Secondo il mito, Shiva da quel numero così corposo ne selezionò e insegnò solo 84 alla propria consorte Parvati, quelle stesse posture che vengono nominate e descritte in dettaglio nei testi più noti (anche se, per molti di questi, il numero di quelle realmente importanti al fine di un'evoluzione spirituale si riduce ulteriormente a quindici-trenta, la maggior parte di queste, sedute).
Chi pratica Yoga avrà notato che ciascuna posizione si ispira a forme di vita o elementi naturali; piante, fiori, insetti, rettili, mammiferi, montagne, astri, personaggi mitologici, saggi, divinità, ...
L'idea alla base è che
L'asana segna nettamente il trascendimento della condizione umana. [...] E' il primo passo concreto in vista dell'abolizione delle modalità d'esistenza umane. MIRCEA ELIADE
Ma che cosa significa?
Riflettendo i movimenti sinuosi di un cobra in Bhujangasana, assumendo la postura fiera di un guerriero in Virabhadrasana, radicando i nostri piedi a terra nell'albero, Vrksasana, o sedendo come un saggio in Matsyendrasana, proponiamo al nostro corpo di "farsi altro" fino al punto di incarnare le qualità di quell'altro, qualità che spesso nella nostra quotidianità non ci appartengono. Così, per qualche respiro, diventiamo a nostra volta maestosi, forti, stabili, sapienti e riscoprendo quelle caratteristiche in noi, coltivandole pratica dopo pratica, ci rendiamo conto che le stesse possono rientrare nella nostra vita anche una volta lasciato il tappetino.
Durante la pratica di un asana "cambiamo pelle" e diventiamo ciò che amiamo, temiamo, disprezziamo, permettendo a noi stessi di andare al di là della nostra limitata forma umana e di entrare in contatto con ciò che è estraneo alla nostra esperienza fisica, emotiva e psichica.
Assumendo una forma e tenendola per qualche respiro, nell'immobilità e nell'ascolto sviluppiamo una concentrazione focalizzata che ci invita all'apertura verso ciò che va oltre la mera posizione fisica e che ci pemette di comprendere che non c'è una gerarchia del creato, che nulla va esaltato così come nulla va denigrato. Ciascuna manifestazione di ciò che è emerso dall'Oceano Universale è solo espressione più o meno evoluta di un'unica entità che è tessuto comune all'esistente.
Così accade che attraverso le posture sperimentiamo il fluire delle stagioni, la contrazione e l'espansione del cosmo e il movimento divino della Trimurti (la Trinità - Brahma, Vishnu e Shiva), ovvero quel movimento ciclico di creazione, preservazione e distruzione.
Attraverso la pratica, da un piano grossolano ci spostiamo gradualmente verso livelli più sottili dove si presenta a noi la possibilità di afferrare la limitatezza dell'aspetto corporeo e di comprendere quanto il nostro pensiero sia vincolato proprio a quella corporeità, a ciò che accomuna e a ciò che separa, impedendoci di vedere che, scostato il velo di Maya, c'è una comunione di vita.
In quel momento, come ho scritto poc'anzi, indipendentemente che sia nell'esecuzione di un asana o nella nostra quotidianità, quando il nostro sguardo si sofferma su un gatto, una montagna, una fiamma, noi diveniamo gatto, montagna, fiamma. La nostra condizione umana cessa così di essere confine invalicabile e noi, facendoci altro, riscopriamo l'infinitezza del nostro essere.
So che in passato sono stato una nuvola, un fiume, l'aria. Sono stato una roccia. E sono stato i minerali nell'acqua. Questo non significa credere nella reincarnazione. Questo rappresenta la storia della vita sulla terra. THICH NHAT HANH
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