Qualche giorno fa guardavo un film indiano, The disciple, che ritrae le insicurezze e lo sconforto di un cantante di musica classica lungo il suo percorso di ricerca della bellezza e della perfezione artistica e, dopo una prima resistenza opposta dal mio orecchio non abituato ai raga indiani, ho lasciato che quelle scale e quei gorgheggi svolgessero il loro compito facendo emergere le emozioni del protagonista in relazione al suo ruolo e al rapporto con il proprio Guru.
Così mi sono detta che avrei dovuto approfondire in questo spazio i cardini di quella relazione che noi chiameremmo di maestro-discepolo e che, in India, prende il nome di GURU-SHISHYA. Una relazione che ha radici antichissime e che sopravvive, seppur con un adattamento richiesto dalla società, anche al giorno d'oggi.
Ma innanzitutto vediamo cosa significa la parola guru, vocabolo che oramai è diventato d'uso comune, forse fin troppo, e che viene usato in modo estensivo per indicare chiunque ricopra il ruolo di guida.
Il termine guru è formato da due sillabe: GU che sta per "oscurità" e RU "colui che disperde", quindi il Guru è "colui che disperde l'oscurità e guida verso la luce"... Un compito non certo da poco, tant'è che la tradizione indiana ha sempre mantenuto in grande considerazione questa figura che, nella sua manifestazione umana, è considerata personaficazione del divino.
Guru Brahma gururvishnu gurudevo maheswarah guru sakshat parabrahma tasmai Sri Gurave namah*
Allo stesso tempo si ritiene scaturire dall'eterno anche il rapporto maestro-discepolo, GURU-SHISHYA PARAMPARA (ovvero "con tradizione ininterrotta tramandata da maestro a discepolo seguendo una successione continua"), che, originariamente, si basava su una trasmissione della conoscenza "da bocca a orecchio".
Conoscenza, mestieri e tecniche yogiche venivano infatti impartiti dal maestro al discepolo in un'atmosfera intima e di fiducia e nulla veniva trascritto proprio nel rispetto di pratiche che avrebbero dovuto raggiungere solo chi era iniziato, chi aveva una certa preparazione e non avrebbe potuto fraintendere e corrompere quanto insegnato.
Proprio questa ricerca empirica e la conoscenza che ne derivava, una conoscenza non appresa solo dai libri, erano motivo di venerazione dei maestri.
Quello che non rientra nella tua esperienza non può essere insegnato intellettualmente, ma può esserti trasmesso portandoti a una dimensione differente dell'esperienza. Per portare una persona da una dimensione dell'esperienza all'altra, ti serve un mezzo che sia a un livello di evoluzione superiore rispetto a quello in cui ti trovi. Quel mezzo è colui che chiamiamo Guru. SADHGURU
Tale tradizione millenaria e la figura del guru non avrebbero potuto sopravvivere nei secoli senza il discepolo, shishya, che, nel caso più specifico dello yoga, una volta iniziato a un percorso lungo, non certo facile e talvolta anche pericoloso, decideva di rinunciare al mondo profano (famiglia, averi, ruolo nella società, ecc.) e di affidarsi al proprio guru per trascendere la condizione umana e raggiungere la realtà ultima.
Tutto questo, seppur in ambito musicale, è stato rappresentato con delicatezza in The disciple: un rapporto, quello tra guru e shishya, che per noi occidentali del XXI secolo può suonare anacronistico abituati oramai come siamo a un sapere di veloce e falice fruizione che richiede uno sforzo ridotto e che ci raggiunge ovunque attraverso programmi artificiali o lezioni online.
Un rapporto che si fonda su rispetto, esperienza diretta, pazienza, dedizione, rinuncia, cura e responsabilità reciproche.
Un rapporto che, già prima che abbia inizio la ricerca dell'assoluto attraverso la pratica, si colloca in una dimensione spirituale al di là della limitatezza del tempo e dello spazio.
* Per ascoltare il GURU MANTRA
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