Nell'ultimo post ho descritto alcuni falsi miti legati alla figura dell'insegnante di yoga e oggi vorrei affrontare un argomento pungente e delicato: il valore di un professionista.
Quando qualche mese fa mi trovavo in India, ho avuto uno scambio di idee con alcuni compagni di corso indiani sul valore della propria figura e su come permettere alle persone di usufruire dei servizi offerti senza svalutarsi.
Devi sapere che in India alcune professioni che ruotano attorno al sapere (insegnanti, medici, e così via) in passato non venivano pagate direttamente dai clienti ma sostenute dalla comunità con la motivazione che la "conoscenza è di tutti e che quindi sia un diritto di tutti riceverla al fine della crescita dell'individuo e del benessere della comunità". Ovviamente oggigiorno, seppur in un paese che mostra questa mentalità, le cose sono cambiate e chi sceglie di diventare medico, professore universitario, insegnante di yoga, ecc. deve fare i conti con la propria sopravvivenza e richiedere un compenso con le domande che, inevitabilmente, ne derivano.
Io stessa più volte mi sono chiesta che cosa fosse eticamente corretto, a maggior ragione sapendo che lo yoga insegna a non essere attaccati ai frutti delle azioni e a prendere gradualmente distacco dagli aspetti più grossolani dell'esistenza che rischiano di limitarci nella nostra ricerca.
Vero è che, alla maggior parte di noi, la società in cui viviano non rende possibile elargire servizi se non in casi particolari e, anzi, esige compromessi per portare avanti una professione che spesso non riceve il rispetto che merita e viene vista come una transizione, un lavoretto che si affianca ad altro e che scatena un "Wow, quindi avrai un sacco di tempo libero!" e al contempo "Oh, e ce la fai a vivere?", tant'è che sono profusi gli articoli in rete su come fare più soldi con lo yoga, come farsi notare e guadagnare di più, quali possano essere le entrate di uno yogi, e via dicendo.
Arriviamo così all'aspetto delicato del discorso, ovvero riuscire a ricevere un compenso adeguato a ciò che si porta sul tappetino, nonché al tempo e alle energie impiegate per raggiungere quella professionalità senza sminuire l'impegno e la ricerca retrostanti.
In una città come Milano in cui il numero di insegnanti cresce a dismisura di anno in anno mi rendo conto che si debba sgomitare per ottenere una lezione (attenzione se, illusoriamente, credi che lo yoga sia tutto pace e amore!) ed è facile accettare compensi al ribasso o proporli da sé pur di aggiudicarsi uno slot fisso; l'ho fatto io all'inizio del mio percorso e penso che lo faccia chiunque, in generale, si affacci a una nuova professione soprattutto in un momento non proprio prosperoso come quello che stiamo attraversando.
Il problema si presenta però quando il fruitore del servizio vuole applicare lo stesso trattamento a due professionalità diverse o, ancora peggio, quando è lo stesso professionista con anni di esperienza e gavetta alle spalle a ribassare il proprio compenso non per volontà ma per paura di non farcela.
Ho lavorato per tanti anni in ambito legale e mi viene facile riportare un esempio da quel settore; se io mi affido a un avvocato di lunga data, senior e anche socio di un rinomato studio internazionale, non pretenderò certo che la sua tariffa sia come quella di un avvocato junior che ha appena superato l'esame di stato e non gli chiederò di allineare la propria tariffa oraria a quella del collega. Questo teoricamente è quello che dovrebbe accadere quando si lavora con professionisti ma, purtroppo, l'esperienza personale mi insegna che non funziona così nel settore e che spesso ciò che accade è semplicemente un raffronto tra il compenso X e il compenso Y che non prende in considerazione il percorso di chi si ha davanti (inutile entrare qui nel ginepraio dei social perché ne rimarremmo aggrovigliati).
Ancora più allarmante, come anticipato, è quando un professionista con certe qualifiche decide di ridurre le proprie tariffe, se non addirittura offrire in modo continuativo pratiche gratuite, non per andare incontro a clienti in difficoltà ma per non sentirsi tagliato fuori dal mercato e non rischiare di perdere quell'occasione.
Più volte mi sono trovata a elemosinare qualche euro in più e a rispondere a praticanti "No, non si tratta di lezioni gratuite ma a pagamento" e "Sì, sono consapevole che ci sono insegnanti che chiedono meno ma questo è il mio compenso e lo ritengo adeguato". Certamente non è rincuorante e spaventa notare qual è l'andamento ma mi rendo sempre più conto che siamo noi in primis a non dovere scendere a compromessi: come insegnante offro un servizio e come servizio anche una lezione di yoga va pagata sebbene - e per fortuna aggiungerei - mi piaccia insegnare e ami quello che faccio. La mia decisione di continuare a formarmi, proprio per offrire un'esperienza sempre più accurata a chi pratica con me, ha un costo, spesso anche molto elevato, ed è giusto che tempo ed esperienza abbiano un peso. Senza contare che davanti a me ho delle persone, tutte diverse, che mi affidano il proprio corpo e mostrano i propri lati più vulnerabili e, di conseguenza, vanno avvicinate con cura e attenzione.
Il ruolo dell'insegnante, in generale, è sottovalutato. Più nello specifico, un insegnante di yoga dovrebbe accompagnare il praticante in un cammino che parte dal corpo per arrivare a risvegliare strati più sottili dell'esistenza in una ricerca di equilibrio generale e conoscenza di sé. In una società in cui questi aspetti sono sempre più trascurati e difficili da coltivare in modo duraturo, praticare con serietà e dedizione questa professione (cosa che senza dubbio richiede un certo impegno e molte energie da parte di noi professionisti) restituendo giusto valore e credibilità alla figura dell'insegnante è fondamentale e ritengo che ci siano ben pochi compromessi da accettare e che, seppur con fatica e sacrificio, spetti a noi invertire la tendenza.
Sei un insegnante combattuto su quale approccio tenere e a tua volta preoccupato per la difficoltà a far valere la tua voce?
Se ti va, condividi la tua esperienza nei commenti.
Ciao Annalisa, grazie per i tuoi articoli di blog che ho iniziato a seguire da poco con piacere. Sono insegnante di yoga da 1 anno e devo dire di iniziare questa professione consapevole che gli investimenti in tempo di pratica/ricerca e in training non sanno sempre proporzionalmente riflessi nel compenso come in altre carriere più "convenzionali". Ma non voglio sentirmi bloccata da questi pensieri limitanti e penso che credere nel proprio valore e applicare la tarriffa che sentiamo giusta dentro di noi sia il primo passo. Alcuni sicuramente diranno di no, ma questi no lasceranno più spazio per servire le persone che invece riconoscono nel nostro percorso unico di insegnate una risposta alle loro problematiche specifiche. Io credo in questa…