E' da un po' che pensavo di scrivere questo post perché si parla con grande facilità dei benefici dello yoga, ma spesso ci si dimentica di che cosa sia necessario affinché esso possa essere realmente fruttuoso riflettendosi, come si sa, sul piano fisico e mentale.
Nella mia esperienza da praticante e insegnante, la prima attitudine che è fondamentale rimuovere ai fini della pratica è quella alla PROCRASTINAZIONE: “Lo faccio domani, oggi sono stanca”, “E’ stato male il cane”, “Sono dovuto rimanere al lavoro più a lungo”, “Non c’è l’insegnante che mi piace” e potrei andare avanti per ore e ore poiché di scuse ne ho trovate tante e ne ho sentite delle più disparate e, volendo, ci sarà sempre qualcosa a cui aggrapparsi!
Così si rimanda all’infinito o si rende la pratica un incontro occasionale. E questa inclinazione al “poi” non interessa ovviamente solo lo yoga ma, come ormai sappiamo, la pratica è uno strumento per prendere consapevolezza di queste tendenze, portarle alla luce, riconoscerle e, auspicabilmente nel momento in cui di ostacolo alla nostra crescita, modificarle.
Negli Yoga Sutra, I.14, Patanjali scrive:
La pratica diventa un fondamento inamovibile se compiuta per un lungo periodo, senza interruzione e con piena attenzione.
“Per un lungo periodo e senza interruzione”.
Premettendo che si riferisce alla pratica della discriminazione, alla continua osservazione dei processi mentali, di ciò che accade all’interno e non alla pratica di asana, Patanjali non dice per quanto tempo, non specifica che dopo un certo numero di anni e giorni riusciremo a raggiungere la luce della saggezza, ma sottolinea che la pratica è un’occupazione a vita, è qualcosa che ci impegnerà per un tempo indeterminato ma non solo, anche costantemente.
Per di più aggiunge “con piena attenzione”, ovvero con piena presenza, con tutto ciò che è nelle nostre possibilità e, nel momento in cui la nostra capacità di azione non è più applicabile, con fiducia in ciò che si dispiegherà davanti a noi, quindi presuppone un atto di fede.
Questo significa fare i conti con l’impazienza, con il desiderio di ottenere tutto e subito o di raggiungere risultati evidenti, meglio ancora se agli occhi di tutti, tutte cose che, in una società come la nostra, rappresentano decisamente un atto anacronistico.
Ma l’ostacolo più grande probabilmente, una volta che si è riusciti a superare quella resistenza a prendere un impegno e a renderlo costante, è la PAURA.
Un praticante dedito allo yoga e che entra in contatto o dimora stabilmente nei suoi principi incontrerà infatti se stesso e dovrà fare i conti con alcuni aspetti di sé che sarà facile accettare ma anche con altri che lo porteranno a chiedersi “Questo sono realmente io? Anche questo mi appartiene?”. Parti di noi taciute, dimenticate, ben nascoste e negate che emergeranno in un processo talvolta molto arduo che spesso comporterà sofferenza.
Non stupisce difatti che molti praticanti anche di lunga data abbandonino lo yoga, perché non è facile affrontare ciò a cui ci mette davanti e il percorso di scoperta può incutere timore.
Ma è proprio questo uno degli obiettivi della pratica: la conoscenza. E, una volta usciti dalla nostra ignoranza, quella paura da cui rifuggiamo si dissolverà.
E tu che cosa ne pensi? Hai incontrato o stai affrontando qualche ostacolo sul tuo cammino yogico?
Se ne hai voglia, scrivimelo nei commenti o qui: annieyogaflow@gmail.com.
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