Dṛṣṭi, in sanscrito, significa "visione, sguardo, attenzione" e, con questo termine, si fa riferimento alla pratica yogica con cui la nostra attenzione viene convogliata su un punto e lì mantenuta, come ci viene spontaneo fare ad esempio in Vrksasana, la posizione dell'albero, quando, osservando un punto fermo davanti a noi, riusciamo a mantenere l'equilibrio più a lungo e facilmente.
Il pensiero alla base è che, se il nostro sguardo vaga da un punto all'altro senza sosta, che si abbia uno o entrambi i piedi ben radicati a terra, la nostra mente, già incline a un movimento incessante, farà lo stesso. Nel momento in cui i nostri occhi si dirigono su un punto e, saldi, lì rimangono, lo sguardo volgerà all'interno e la mente subirà meno distrazioni divenendo più calma.
Così, quando gli occhi si poseranno sulla punta del naso, sull'ombelico o su una mano a seconda della postura in cui ci troviamo, verranno disperse meno energie e la nostra attenzione inizierà a spostarsi dall'esterno all'interno, verso quella fase che è preliminare allo stato meditativo.
Siamo appena entrati in un nuovo anno e, come sempre accade, è inevitabile che qualche intento si faccia spazio in noi: una spinta verso attività che ci portano benessere, un traguardo lavorativo a cui aspiriamo, il risveglio da uno stato di letargia che ha assopito il nostro cuore, ....
Quando vogliamo intraprendere un nuovo cammino - a meno che il nostro desiderio sia semplicemente quello di vagare lasciandoci trasportare dagli eventi - probabilmente conosciamo la meta del viaggio, forse una meta invisibile agli occhi ma interiorizzata, e pratichiamo Dṛṣṭi senza esserne consapevoli. Questo però non significa che lungo il percorso non avremo la possibilità di cambiare strada se ne noteremo una migliore, che dovremo tirare dritto senza badare a ciò che accade attorno a noi e non potremo mai perdere di vista ciò a cui aspiriamo, bensì significa avere una visione più chiara e ampia e un'attenzione viva che ci permettano di mantenere la nostra concentrazione ferma sul fine che ci spinge a intraprendere le nostre azioni, senza lasciare che tutto ciò che accade quotidianamente attorno a noi e in noi (ricordi, preconcetti, convinzioni, ecc.) prenda il sopravvento gettando un velo sul nostro campo visivo e oscurando l'oggetto della nostra ricerca.
Proprio come nel quadro di Magritte, Il falso specchio, in cui l'oggetto osservato, l'osservatore e la sua visione interiore si fanno uno, ma la pupilla è lì fissa e ferma verso lo spettatore, per non perderci nella vastità dello sguardo e poter osservare in piena presenza al di là di quella finestra che si apre contemporaneamente sul mondo esterno, sul suo riflesso da noi introiettato e sul nostro mondo interno, ricordiamoci il concetto di Dṛṣṭi.
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